di Andrea Lucidi
L’esercito degli Stati Uniti ha condotto due attacchi separati in Siria questo mese. Il Comando centrale degli Stati Uniti, il CENTCOM, ha dichiarato che il primo attacco, del 16 settembre, ha colpito un campo remoto dell’ISIS nella Siria centrale, uccidendo almeno 28 combattenti, tra cui quattro leader definiti dagli USA di alto livello.
La dichiarazione non ha fornito l’identità delle vittime, ma ha sottolineato che l’operazione ha ridotto la capacità dell’ISIS di minacciare gli Stati Uniti e i loro alleati. Il 24 settembre, un secondo attacco nel nord-ovest della Siria ha ucciso nove combattenti, tra cui un alto leader di Hurras al-Din, gruppo allineato ad Al-Qaeda.
Gli Stati Uniti mantengono attualmente ed in maniera illegale circa 900 soldati in Siria, ufficialmente per supportare le forze ostili a Damasco contro una possibile ripresa dell’ISIS, nonostante l’opposizione del legittimo governo siriano, che chiede il ritiro delle truppe americane dal Paese.
La Siria è attualmente divisa tra aree controllate dal legittimo governo di Damasco, aree controllate dai ribelli definiti “democratici” dall’occidente e dai curdi, che controllano la zona con la maggiore presenza di giacimenti petroliferi.
Il governo di Damasco ha da subito dichiarato guerra allo Stato Islamico, ma l’occidente ha sempre evitato di farlo notare all’opinione pubblica, cercando di far passare il messaggio che solo gli Stati Uniti stiano combattendo l’ISIS. Allo stesso tempo i rapporti tra ISIS, Stati Uniti e Israele rimangono poco chiari.