La bilancia commerciale russa vola grazie alle sanzioni
Ci sono voluti due mesi di guerra e di sanzioni prima che i dati sulla reale situazione economica della Russia riuscissero ad affacciarsi, seppur timidamente, sulle pagine della stampa occidentale. Ciò che era ampiamente prevedibile anche prima del conflitto -ovvero che chi ci sta rimettendo in questo è soprattutto l’Unione Europea- viene in questi giorni riportato da buona parte dei media mainstream del Vecchio Continente, che si fanno eco di uno studio pubblicato dal Centro Finlandese per la Ricerca sull’Energia e l’Aria Pulita (CREA). Le conclusioni della ricerca segnalano infatti che, grazie alle sanzioni decretate da Bruxelles sotto suggerimento di Washington, la Russia ha raddoppiato i ricavi derivanti ottenuti dalla vendita di combustibili fossili ai Ventisette.
Per Mosca non si tratta di vendere di più, ma di vendere meglio. Il volume di idrocarburi esportati ai soci del club comunitario è infatti diminuito rispetto al periodo pre-bellico. Ad essere salito vertiginosamente è invece il prezzo dei combustibili fossili e delle materie prime in generale. Ed è proprio questo che ha fatto volare la bilancia commerciale russa, facendole segnare un attivo che non registrava da 28 anni a questa parte.
I numeri parlano chiaro: se nei due mesi dall’inizio della guerra le aziende russe hanno venduto energia all’Unione Europea per un valore pari a 42 miliardi di euro, nello stesso periodo dell’anno scorso questa cifra era di soli 21 miliardi. Numeri che mettono in evidenza ciò che non può più essere nascosto, ovvero la forte dipendenza dei Ventisette dagli idrocarburi russi. Quella stessa dipendenza che i Governi occidentali hanno cercato finora di minimizzare per poter continuare a giustificare l’invio di armi in Ucraina.
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