di Gionata Chatillard
“Se i militari italiani di stanza a Misurata non abbandoneranno le proprie posizioni entro 48 ore, la base nella quale si trovano verrà presa d’assalto”. Quello di Salah Badi, leader di una delle principali milizie che operano in Libia, è un vero e proprio ultimatum al contingente che nel 2016 fu mandato nel paese africano dal Governo Renzi. Una decisione che permise a 300 soldati di entrare nella città costiera di Misurata con il dichiarato obiettivo di fornire assistenza medica alle forze impegnate a contrastare lo Stato Islamico.
Il tempo per loro sembra però scaduto, almeno a detta di Badi, che considera la presenza italiana come un’ “occupazione straniera” che, oltre a violare la sovranità nazionale, è anche una “vergogna per il popolo libico”. Peccato originale delle truppe mandate da Roma sarebbe infatti quello di proteggere gli interessi del Governo di Unità Nazionale, ovvero della fazione che controlla la parte occidentale del paese grazie all’imprescindibile sostegno della NATO.
L’ultimatum alle truppe italiane giunge a poche settimane di distanza dall’annuncio di Tripoli di voler formare un nuovo centro di comando a Misurata volto proprio a fronteggiare le milizie controllate da Badi, che ormai da 5 anni si trova sotto le sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Per questi gruppi armati, il Governo di Unità Nazionale sostenuto dall’Occidente altro non è se non un covo di collaborazionisti e “traditori” che hanno aperto le porte del paese alle ingerenze straniere. Motivo per cui Badi ha promesso che le truppe italiane, qualora non intendessero lasciare il paese con le buone, saranno cacciate con la forza in questione di ore.