di Gionata Chatillard
In pochi possono dirsi sorpresi dalla decisione del Governo cinese di limitare le esportazioni di metalli rari in Occidente. La stretta annunciata da Pechino è infatti una risposta simmetrica alle sanzioni tecnologiche imposte alla Repubblica Popolare dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, in un’escalation di quella che ormai si conosce popolarmente come guerra dei microchip.
Dopo essere stato vittima di numerose iniziative volte a impedire l’accesso delle aziende cinesi alle apparecchiature necessarie alla fabbricazione dei semiconduttori, il Governo di Xi Jinping ha quindi deciso di passare al contrattacco, imponendo restrizioni alla vendita di gallio e germanio. Questi due metalli rari, di cui il paese asiatico ha quasi il monopolio, sono fondamentali non solo per i microchip, ma anche per la costruzione di pannelli solari. Reperirli sarà però molto più difficile dal prossimo agosto, quando per poterli acquistare sarà indispensabile ottenere una speciale licenza di esportazione rilasciata dalle autorità cinesi.
Questo ennesimo inasprimento della guerra tecnologica arriva per di più a pochi giorni dalla visita a Pechino di Janet Yellen. Il segretario al Tesoro statunitense cercherà forse di ricucire qualche strappo almeno sul terreno commerciale, mentre su quello militare la tensione non fa che aumentare intorno all’isola di Taiwan, non a caso ritenuta strategicamente fondamentale proprio per il ruolo dominante di Taipei nel mercato mondiale dei microchip.