di Fabio Belli
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha chiesto l’immediato rilascio del presidente del Niger, Mohamed Bazoum, deposto a seguito del recente golpe militare.
Dopo Londra, il Dipartimento di Stato statunitense ha inoltre annunciato la riduzione del personale nell’ambasciata a Niamey.
Tentativi tardivi di riavvicinamento dell’Occidente al Continente Nero, Washington in primis, assumono quasi i toni del grottesco. Ieri, 2 agosto, il Segretario di Stato Antony Blinken, durante una cerimonia di un evento dedicato a Nelson Mandela, si è rivolto ad alcuni giovani leader africani, sottolineando l’importanza di una collaborazione alla pari per affrontare le sfide odierne della sicurezza alimentare, prevenire i conflitti, rallentare la diffusione delle malattie e, ovviamente, combattere il nemico del momento, il cambiamento climatico.
Intanto la Costa d’Avorio, il cui presidente è stato insediato dopo un intervento militare francese, e il Senegal si sono impegnate a partecipare ad un un eventuale intervento militare dell’ECOWAS in Niger dove oggi si celebra il Giorno dell’Indipendenza. 63 anni fa il paese ha cessato di essere una colonia francese sebbene solo de iure vista la dipendenza economica con Parigi e la presenza militare Occidentale sul territorio.
La nuova giunta militare ha fatto sapere che non intende affatto piegarsi alle pressioni esterne. “Respingiamo del tutto le sanzioni disumane imposte dall’ECOWAS e ci rifiutiamo di cedere a qualsiasi minaccia, da qualunque parte provenga”, ha affermato l’autoproclamato leader del Niger, Abdourahmane Tchiani.
Non lontano dal Niger, in Sudan, milioni di persone sono sull’orlo della carestia, poiché, secondo le Nazioni Unite, a causa della lotta armata in corso tra le forze armate sudanesi e le forze di risposta rapida, la fame e lo sfollamento stanno andando fuori controllo colpa, a loro dire, anche del cambiamento climatico, ormai un autentico capro espiatorio delle fallimentari politiche neo liberiste e coloniali.