La Cina ha annunciato sanzioni contro la Reagan Library e l’Hudson Institute, come ritorsione per l’incontro di mercoledì tra la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen e lo speaker della Camera americana Kevin McCarthy, la figura di più alto rango ad aver incontrato un leader taiwanese sul suolo americano da decenni. L’Hudson Institute e la Reagan Library sono accusati di aver fornito a Tsai “una piattaforma e una convenienza per impegnarsi in attività separatiste di indipendenza di Taiwan negli Stati Uniti”, violando gravemente il principio ‘una sola Cina’. Sanzioni cinesi anche per Hsiao Bi-khim, ambasciatrice de facto di Taiwan negli Usa. Le misure ritorsive si aggiungono a quelle imposte nell’agosto scorso contro il ministro degli Esteri, Joseph Wu, e altri funzionari taiwanesi (compresa Hsiao), in risposta alla visita di Nancy Pelosi a Taiwan.
Come riportato dalla Reuters, la Cina ha reagito lanciando un’operazione speciale di “pattugliamento e ispezioni a bordo” rivolta alle navi in transito su entrambi i lati dello Stretto di Taiwan. Oltre a queste manovre – che dureranno tre giorni -, una flotta dell’Esercito popolare di liberazione (PLA), guidata dalla portaerei Shandong, ha attraversato il canale di Bashi, che si trova tra le Filippine e Taiwan. Per il South China Morning Post è la prima volta dal suo lancio, nel 2017, che la Shandong lascia il mar Cinese meridionale. Il quotidiano riporta anche che contestualmente la portaerei americana USS Nimitz si è invece portata a 740 km a largo della costa orientale di Taiwan, come dichiarato dal ministro della difesa della Repubblica di Cina, Chiu Kuo-cheng.
Intanto, oggi prendono il via le Balikatan (spalla a spalla), le esercitazioni congiunte tra USA e Filippine. Sono le più vaste di sempre tra i due Paesi, con la partecipazione fino al 28 aprile di 17.600 partecipanti tra cui circa 12mila militari americani. Per la prima volta saranno effettuate esercitazioni a fuoco vivo in acqua. Ma il problema più grande che attraversa le relazioni tra Washington e Pechino è da diversi anni legato alle comunicazioni. Secondo fonti Reuters, tre grandi società statali cinesi di telecomunicazioni stanno sviluppando un progetto per la costruzione di cavi in fibra ottica in grado di collegare, tramite rete internet, Europa, Medio Oriente e Asia. Il progetto di chiama EMA, dovrebbe costare 500 milioni di dollari ed è frutto della collaborazione di China Telecom, China Mobile e China Unicom insieme a HMN Technologies (azienda erede di una società precedentemente di proprietà di Huawei), che riceverà sussidi dal governo cinese per la costruzione del cavo. Tramite la messa in posa di EMA la Cina competerebbe così con un progetto americano parallelo (SeaMeWe-6) che inizialmente includeva anche le aziende cinesi, tagliate fuori dopo le pressioni di Washington. EMA dovrebbe coinvolgere anche una serie di investitori stranieri, a cui il Dipartimento di Stato americano ha intimato di non avvalersi di “fornitori [di internet] inaffidabili”. I cavi sottomarini trasportano oltre il 95% di tutto il traffico internazionale di internet e la realizzazione di un proprio progetto entro il 2025 garantirebbe alla Cina una serie di vantaggi strategici nella competizione con gli Stati Uniti. Chi controlla le comunicazioni, non solo controlla il mondo ma vince il sistema di guerra globale che si sta instaurando, e di cui sono portatori i cosiddetti padroni del mondo, che evidentemente qualche interesse di troppo hanno anche a Pechino, nuovo asse strategico della geopolitica mondiale, tanto che a un anno dall’inizio del conflitto ucraino e a tre anni dall’operazione virus, lo yuan cinese ha sostituito il dollaro diventando la valuta più scambiata in Russia. Secondo un’analisi di Bloomberg, la moneta cinese ha superato per la prima volta i biglietti verdi nel volume degli scambi mensili a febbraio, per poi allungare la distanza a marzo. La questione dello yuan era stata sollevata durante la visita di Xi a Mosca, anche in riferimento a un impiego della valuta cinese nei paesi terzi. Segno di come le sanzioni occidentali contro la Russia siano solo una variabile dell’equazione: l’intenzione di accrescere gli scambi internazionali in yuan ha trovato una sponda anche nel Brasile. Secondo la banca centrale brasiliana, la moneta cinese ha superato l’euro ed è diventata la seconda valuta più importante nelle riserve internazionali brasiliane.