di Margherita Furlan
Due anni fa l’amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, aveva ammesso che l’FBI aveva esercitato pressioni su Facebook affinché censurasse la vicenda attorno al laptop di Hunter Biden.
Ora Zuckerberg sta partecipando a un’indagine del Congresso.
In una sorprendente lettera di lunedì 26 agosto indirizzata al presidente della Camera statunitense, Jim Jordan, Zuckerberg ha riconosciuto che alti funzionari dell’amministrazione Biden “hanno ripetutamente fatto pressioni” sui team di Facebook affinché sopprimessero informazioni relative al COVID-19 che la piattaforma non avrebbe altrimenti censurato.
Zuck ora si dice pentito: Facebook non avrebbe dovuto compromettere i suoi standard “a causa di pressioni da parte di qualsiasi amministrazione in entrambe le direzioni”.
“Credo che le pressioni del governo siano state sbagliate e mi rammarico che non siamo stati più espliciti al riguardo”, si legge nella lettera. “Credo anche che abbiamo fatto alcune scelte che, con il senno di poi e con nuove informazioni, oggi non faremmo”.
Zuckerberg si dichiara anche impegnato e “pronto a reagire se qualcosa di simile dovesse accadere di nuovo”.
Inoltre, aggiunge, Facebook non avrebbe dovuto censurare la storia del laptop di Hunter Biden riferita dal NYPost: l’FBI, ammette Zuckerberg, aveva avvertito la piattaforma “di una potenziale operazione di disinformazione russa sulla famiglia Biden e sul Burisma in vista delle elezioni del 2020”.
“In autunno, quando abbiamo visto un articolo del New York Post che riferiva di accuse di corruzione che coinvolgevano la famiglia dell’allora candidato democratico alla presidenza Joe Biden, abbiamo inviato la vicenda ai fact-checkers per una revisione e l’abbiamo temporaneamente retrocessa in attesa di una risposta”, si legge nella lettera. “Da allora è stato chiarito che non si trattava di disinformazione russa e, col senno di poi, non avremmo dovuto declassare la questione”.
Nella lettera si sottolinea anche che “alcune persone ritengono che questo lavoro abbia avvantaggiato una parte rispetto all’altra”.
Secondo Zuck, Facebook “non declassa più temporaneamente le storie negli Stati Uniti in attesa dei fact-checkers”.
Ma nel giugno scorso, la Corte Suprema ha stabilito che gli Stati e i singoli querelanti che hanno contestato il complesso di censura dell’amministrazione Biden non sono legittimati a fare causa perché non possono stabilire un chiaro legame tra le pressioni del governo e le azioni della piattaforma.
Nel frattempo a Parigi Pavel Durov è accusato di 12 reati:
Complicità nell’amministrazione di una piattaforma online al fine di consentire transazioni illegale; Rifiuto di comunicare, su richiesta delle autorità competenti, le informazioni o i documenti necessari alla realizzazione e alla gestione delle intercettazioni autorizzate dalla legge;
Complicità nel possesso, diffusione, offerta o messa a disposizione in forma organizzata di immagini di minori di natura pornografica; Complicità nell’acquisizione, trasporto, possesso e offerta o cessione di sostanze stupefacenti; Complicità nell’offerta, cessione o messa a disposizione senza motivo legittimo di apparecchiature, strumenti, programmi o di dati concepiti o adattati per ottenere l’accesso o danneggiare il funzionamento di un sistema automatizzato di elaborazione dati; Complicità in associazione a delinquere a scopo di frode;
Associazione a delinquere allo scopo di commettere un crimine o un illecito punibile con la reclusione per un tempo non inferiore a 5 anni; Riciclaggio di denaro proveniente da reati o illeciti commessi da bande organizzate; Fornitura di servizi di crittografia per garantire funzioni di riservatezza senza dichiarazione certificata. L’arresto di Pavel Durov in Francia segna per il Cremlino “il punto più basso delle Relazioni tra Mosca e Parigi”.
Anche se per la Russia dietro alla detenzione ci sarebbero gli Stati Uniti. Mosca ha infatti accusato gli Stati Uniti di aver tentato di confiscare Telegram prima delle elezioni presidenziali americane del 2024. “C’è Washington dietro l’arresto di Durov, è importante che Biden prenda il controllo di Telegram in vista delle elezioni presidenziali americane”, ha dichiarato il presidente della Duma di Stato della Federazione Russa, Volodin.
Sulla questione è intervenuto anche Robert Kennedy Jr da Washington: “Ora non esiste più libertà di parola in Europa” : la detenzione di Pavel Durov in Francia indica la “perdita dell’Europa”, ha dichiarato Kennedy in un’intervista a Tucker Carlson.
Per confermare la tendenza alla limitazione delle libertà, il politico ha citato l’esempio di Elon Musk, che è stato “trasformato in un cattivo perché la sua piattaforma era l’unica su cui era permesso esprimere liberamente i propri pensieri”. Musk lancia quindi l’allarme: “dopo Durov, tocca a me?”