di Elisa Angelone
Ieri, 27 marzo, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato all’unanimità una proposta di legge volta a privare la Repubblica Popolare Cinese dello status di “paese in via di sviluppo” in qualsiasi trattato, accordo o presso qualsiasi organizzazione internazionale di cui gli Stati Uniti sono parte. L’etichetta di “paese in via di sviluppo” sarebbe infatti ingannevole poiché garantisce trattamento e assistenza preferenziali ad un Paese che può considerarsi a tutti gli effetti sviluppato, tanto da rappresentare la seconda economia mondiale. Questa la posizione dei legislatori statunitensi, fra cui spicca la deputata repubblicana di origini sudcoreane Young Kim, ideatrice della proposta.
Secondo Kim, la Cina approfitterebbe del suo status di paese in via di sviluppo per ottenere privilegi che altrimenti non le spetterebbero, danneggiando così i paesi che ne avrebbero veramente bisogno.
“Contrastare la Cina è importante perché dobbiamo preservare il sogno americano e sostenere quei paesi che hanno a cuore la libertà” ha dichiarato Kim intervenendo sul canale Fox News.
Pare così che Washington abbia trovato un nuovo espediente per reprimere Pechino e allo stesso tempo ergersi a paladino della giustizia.
Se la legge verrà approvata anche dal Senato, Washington intende quindi fare pressione in particolare sulle Nazioni Unite affinché classifichino la Cina come paese ad alto reddito in modo che Pechino non possa approfittare dei prestiti agevolati.
Nel frattempo, un rapporto pubblicato lunedì 27 marzo da un think tank della Difesa cinese (SCSPI) valuta le attività militari statunitensi nel Mar Cinese Meridionale che si sarebbero intensificate particolarmente nel corso di tutto il 2021. Gli analisti hanno osservato come le forze statunitensi abbiano massimizzato la pressione intorno allo stretto di Taiwan, non solo militarmente ma anche con frequenti visite di funzionari americani a Taipei, minando così la stabilità dell’intera regione.
“La visione strategica degli Stati Uniti si sta spostando dalla competizione strategica alla deterrenza integrata”, si legge nel rapporto, secondo cui, in futuro, a queste misure di deterrenza Pechino risponderà con mosse di contro-deterrenza che inevitabilmente si ritorceranno contro Washington.
Uno scontro aperto, insomma, appare quasi scontato.