di Margherita Furlan
Cresce la pressione statunitense nei confronti della app cinese più popolare al mondo. Giovedì 23 marzo l’amministratore delegato di Tik Tok, Shou Zi Chew, è stato convocato al Congresso degli Stati Uniti per difendere l’azienda dalle accuse di collaborazione con il Partito Comunista cinese e di danneggiamento della salute mentale degli adolescenti. Tik Tok e la sua azienda madre cinese, ByteDance, sono stati infatti coinvolti in una più ampia battaglia geopolitica tra Pechino e Washington. Tik Tok è stato accusato di avere proprietà cinese, il che significa che i dati degli utenti potrebbero finire nelle mani del governo cinese o potrebbero essere utilizzati per promuovere narrazioni favorevoli ai leader del paese. Il Ceo di Tik Tok è stato interrogato per cinque ore dalla Commissione per l’energia e il commercio della Camera, con il fine di trasferire i dati degli utenti statunitensi sul suolo USA attraverso il cosiddetto “Texas project”, che potrebbe essere completato entro la fine del 2023. Tra le proposte sul tavolo da parte statunitense, anche la vendita a un partner non cinese, proposta che il ministero del Commercio cinese ha prontamente criticato. Forzare una tale transazione, secondo Pechino, “minerebbe seriamente la fiducia degli investitori di vari paesi, inclusa la Cina, a investire negli Stati Uniti”. Fiducia che in una società sana non dovrebbe mai essere imposta.