di Elisa Angelone
Il mandato di arresto nei confronti di Vladimir Putin emesso dalla Corte Penale Internazionale implica che il presidente russo, almeno formalmente, rischierebbe di essere arrestato qualora viaggiasse fuori dalla Russia.
Non avendo ratificato lo Statuto che ha dato origine alla Corte dell’Aia, Mosca comunque ignora bellamente le decisioni di quella che definisce “un burattino nelle mani dell’Occidente collettivo”. Anche all’Aia sembrano esserne consapevoli, tanto che persino alcuni media hanno definito il mandato di arresto più simbolico che altro. Quel che è certo è che la mossa della Corte dell’Aia è riuscita in ogni caso nell’intento di fomentare ulteriormente l’escalation. Una mossa che pone in una posizione difficile quei paesi che, più per salvaguardare la propria immagine che altro, hanno formalmente aderito alla condanna contro la Russia – paesi che ora si trovano a dover rispettare obblighi legali seppur contro i loro stessi interessi.
E’ il caso dell’Ungheria, da tempo ormai considerata la pecora nera d’Europa, che si oppone alla decisione della Corte Penale Internazionale. Ieri, 23 marzo, Budapest ha infatti dichiarato che, pur avendo ratificato lo Statuto di Roma, non eseguirà l’ordine di arresto qualora Vladimir Putin si recasse nel Paese poiché il mandato della Corte non troverebbe comunque base giuridica nella legge ungherese. Ecco che ancora una volta il governo magiaro trova il modo di smarcarsi dagli ordini dei “padroni”.
Anche il Sudafrica si trova nella medesima situazione, avendo aderito alla Corte Penale Internazionale. Ciononostante, Pretoria ha comunque invitato Vladimir Putin al vertice dei BRICS previsto ad agosto. Una decisione che sta facendo discutere proprio perché il governo di Ramaphosa avrebbe l’obbligo di cooperare con la Corte nel momento in cui Putin mettesse piede nel Paese. Prendendo atto delle pressioni dall’Aia, il ministro degli Esteri sudafricano Naledi Pandor ha dichiarato che il mandato di arresto è motivo di seria preoccupazione e verrà discusso con i partner russi, ma non ha mancato di evidenziare i doppi standard della Corte nel perseguire paesi coinvolti nei conflitti. D’altra parte, neanche gli Stati Uniti – che di conflitti se ne intendono – hanno mai aderito alla Corte.