di Gionata Chatillard
Dopo i progetti di collaborazione annunciati recentemente nell’Indo-Pacifico, la NATO allunga i suoi tentacoli anche in Medio Oriente con l’apertura di una sede ufficiale a Amman, capitale della Giordania. Al di là del fatto che il Patto Atlantico si stia ormai estendendo ben oltre quella che era la sua originaria sfera di influenza, si tratta di una decisione che sorprende solo fino a un certo punto, dal momento che il regno hashemita è da tempo uno dei più fedeli partner occidentali nella regione.
Amman, preoccupata per il ruolo egemone che Teheran potrebbe esercitare sui paesi arabi, non solo consente un ampio utilizzo delle proprie basi aeree agli Stati Uniti, ma collabora anche attivamente con Israele abbattendo droni e intercettando carichi di armi che possano costituire una minaccia per la sicurezza del paese vicino. E questo a costo di mettere in pericolo la tenuta stessa della monarchia giordana, dal momento che i cittadini della nazione araba sono massicciamente schierati a favore della causa palestinese, e non vedono certo di buon occhio i legami sempre più stretti fra il re Abdullah e le potenze occidentali.
Qualche analista si chiede comunque perché la NATO non abbia scelto Israele come sede per aprire il suo nuovo ufficio in Medio Oriente. La mossa del Patto Atlantico potrebbe in questo senso essere indicativa di un raffreddamento dei rapporti fra gli Stati Uniti e il Governo di Benjamin Netanyahu. Ciò che è invece fuori da ogni dubbio è che l’accordo con Amman -definito dalla stessa NATO come “una pietra miliare nel profondo partenariato strategico con la Giordania”- non fa che cementare gli equilibri già esistenti nella regione. Il tempo degli equilibrismi geopolitici sembra quindi scaduto, con i paesi arabi sempre più costretti a schierarsi da una parte o dall’altra della barricata.