di Margherita Furlan
In collaborazione con la Russia, la Cina ha inviato per la prima volta tre rompighiaccio nell’Artico. Da tempo la Cina si definisce uno stato quasi-artico, nonostante il suo territorio sia a 900 miglia di distanza dal Circolo Polare. Non a caso, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha aggiornato recentemente la strategia artica con l’obiettivo di una maggiore presenza militare nella regione, giustificata con una “crescente cooperazione” tra Pechino e Mosca.
L’Artico d’altronde è un immenso tesoro di risorse naturali, rappresentando il 17% della produzione petrolifera russa, l’83% della produzione di gas e detenendo immensi giacimenti di oro, carbone, nichel, rame, cobalto, metalli del gruppo del platino e diamanti. “Non c’è quindi da stupirsi che il ricorrente sogno colonialista occidentale di attaccare, smembrare e saccheggiare la Russia – la cui ultima iterazione è l’ossessione di infliggere alla Russia una ‘sconfitta strategica’ in Ucraina – sia direttamente collegato all’accaparramento e allo sfruttamento delle infinite ricchezze dell’Estremo Oriente/Artico”, precisa l’analista militare e di sicurezza indonesiano Connie Bakrie, professore presso la Facoltà di Relazioni Internazionali dell’Università Statale di San Pietroburgo.
Tuttavia, la Marina statunitense vira sempre più anche verso l’Indo-Pacifico, dove si stanno dirigendo la portaerei Theodore Roosevelt e il cacciatorpediniere Daniel Inouye. L’altro cacciatorpediniere del gruppo, Russell, ha già lasciato il Medio Oriente e sta operando nel Mar Cinese Meridionale. Con l’arrivo della Abraham Lincoln, attualmente di stanza nel Golfo di Oman, e il ritiro della Roosevelt, “la rara mossa del Pentagono di mantenere due portaerei della Marina in Medio Oriente nelle ultime settimane è ora terminata”, ha riferito Associated Press.
Ma navi americane si trovano tuttora nel Mediterraneo orientale, mentre il sottomarino Georgia resta stabile nel Mar Rosso, snodo cruciale per i traffici commerciali del pianeta.