Il Medio Oriente vira nella multipolarità
di Jeff Hoffman
Mentre il presidente siriano Bashar al-Assad, reduce dall’incontro con Putin è volato negli Emirati Arabi Uniti e il ministro degli Esteri iraniano, Mehdi Safari, ha annunciato l’intenzione di connettersi al sistema di pagamento russo, l’Arabia Saudita si è portata avanti nella normalizzazione dei rapporti diplomatici con l’Iran invitando a Ryad il presidente iraniano Ibrahim Raisi.
In una lettera al presidente Raisi, Sua Altezza Salman bin Abdulaziz, il re dell’Arabia Saudita, ha accolto con favore l’accordo tra i due paesi fratelli, ha invitato a Riad il presidente della Repubblica Islamica e ha chiesto una forte cooperazione economica/regionale”.
“Non abbiamo motivo per non investire in Iran e non abbiamo motivo per non lasciare che l’Iran investa in Arabia Saudita. È nel nostro interesse assicurarci che entrambi i paesi traggano vantaggio dalle reciproche risorse e saremo lieti di partecipare allo sviluppo dell’Iran”, ha dichiarato in un’intervista il ministro saudita delle Finanze, aggiungendo che gli investimenti, una volta ripristinate le relazioni diplomatiche, partiranno molto rapidamente.
A saltare agli occhi, confermando la fine dei giochi per Washington, la trascrizione degli accordi siglati a Pechino tra Iran e Arabia Saudita che sono stati redatti in tre lingue: farsi, arabo e cinese, dettaglio che, a gran voce, stabilisce nuovi equilibri di potere non soltanto per il Medio Oriente ma per l’intero scacchiere geopolitico del terzo millennio