La polizia predittiva oltre il Grande Fratello
di Jeff Hoffman
Dopo le sperimentazioni sulla polizia predittiva di Caorle, Trento e Verona il Dipartimento di Sicurezza del ministero dell’Interno sta dotando tutte le questure d’Italia di un programma di intelligenza artificiale in grado di prevenire e reprimere i reati di maggior impatto sociale prima che vengano commessi.
Si chiama “Giove” il programma di AI che, semplificando, utilizza le banche dati delle forze dell’ordine per predire dove e quando e da chi reati simili a quelli già commessi potrebbero di nuovo verificarsi.
Il programma, guarda caso, era nato nell’annus horribilis 2020 sulla base di una sperimentazione partita nel lontano 2008 presso la questura di Milano.
KeyCrime era il nome del software allora ideato da un ex dirigente della stessa questura.
La Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato ha inoltre fatto sapere che da una parte il ruolo umano nel controllo di Giove e dall’altra l’uso limitato dei dati, legati solo a reati e denunce crittografate, rendono l’algoritmo sicuro.
In attesa di giudizio da parte del Garante della Privacy, che dovrà pronunciarsi in merito alla sicurezza di Giove, la stampa dominante sottolinea che l’AI aiuterà a orientare l’impiego delle forze dell’ordine nei luoghi in cui “è più probabile che avvenga un crimine”, dimenticandosi però che la stessa stazione centrale del capoluogo meneghino vede una piazza di spaccio in funzione da decenni.
Non è chiaro se “Giove” verrà collegato ai programmi di riconoscimento facciale nè quali siano i sistemi di sicurezza informatica a protezione dei dati. Ciò che è certo è che, nonostante i finanziamenti e gli sviluppi dell’AI per arrestare un latitante mafioso sono serviti 30 anni.
E il Grande Reset continua.