di Fabio Belli ed Elisa Angelone
Il premier ucraino, Denis Shmyhal, ha chiesto al segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, caccia F-15 e F-16, oltre a missili a lungo raggio, per raggiungere la vittoria. Infatti, in base ad alcuni documenti segreti del Pentagono, in questi giorni trapelati, le forze armate ucraine avrebbero perso cinque volte più combattenti di quanto sostenuto da Kiev. A porre immediato rimedio, come sempre, ci pensa comunque la Polonia. E’ giunta infatti oggi pomeriggio la notizia secondo cui il governo tedesco avrebbe dato il tanto agognato via libera alla Polonia, affinché Varsavia possa trasferire a Kiev i caccia Mig-29 ricevuti dalla Germania nel 2004.
La Francia di Macron starebbe invece bloccando la decisione unanime dell’Unione europea per finanziare la fornitura di munizioni all’Ucraina. Il finanziamento, del valore di 2 miliardi di euro, avrebbe dovuto essere erogato per metà tramite forniture di munizioni provenienti dalle scorte degli Stati membri che, momentaneamente sprovvisti, avrebbero dovuto attingere da magazzini al di fuori dell’Unione europea. Un’opzione contestata dalla Francia che, evidentemente, vorrebbe consegnare a Kiev solo le munizioni di cui effettivamente fa richiesta per non lasciare sguarnite le scorte ai paesi della NATO.
Dall’altra parte del mondo intanto, mentre Lula ha dato inizio alla sua visita ufficiale in Cina, atterrando ieri sera a Shanghai, il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, seguendo la scia di Macron e della Von der Leyen, è arrivata oggi a Tianjin con l’obiettivo -pare- di “rimediare” alle dichiarazioni di Macron, ritenute dalla maggior parte della comunità europea troppo indulgenti nei confronti della Cina sulla questione di Taiwan. Berlino spera quindi di recuperare il “danno di immagine” recato da Macron alla tanto sbandierata unità europea nei confronti della Cina e ricordare a Pechino le sue responsabilità per una de-escalation del conflitto in Ucraina e la necessità di preservare lo status quo nello Stretto di Taiwan. Non essendoci riuscita Ursula, è altamente improbabile che la ministra dei Verdi riesca a far breccia su Pechino, specialmente poiché è noto ai cinesi l’atteggiamento particolarmente ostile della Baerbock e del suo partito nei confronti del Paese asiatico. La comunità imprenditoriale tedesca, riferisce Handelsblatt, spera tuttavia che la Baerbock moderi i toni e che il suo viaggio porti buone notizie per le imprese tedesche che, nel desolante panorama europeo, guardano sempre più a est per i propri investimenti.
Pechino, d’altra parte, sembra essere sempre più consapevole della propria popolarità, tanto che il quotidiano cinese in lingua inglese Global Times ha messo nero su bianco come “lo slancio per chiedere un nuovo ordine mondiale stia aumentando, che piaccia o meno agli Stati Uniti”. E continua: “La de-dollarizzazione è iniziata; i paesi si stanno concentrando maggiormente sulla cooperazione multilaterale regionale; l’importanza dei BRICS sta aumentando mentre l’influenza del G7 sta diminuendo”. Si tratta di tendenze che, secondo Pechino, Washington “non [può] invertire creando nemici o facendo pressioni sugli altri paesi”.
Nel frattempo non accennano a placarsi le proteste a Parigi, con i manifestanti che hanno occupato l’edificio del gruppo di lusso LVMH e si sono scontrati pesantemente con la polizia per le strade della capitale francese.