di Elisa Angelone
La violenza e, con essa, la crisi umanitaria in Sudan non accenna a placarsi.
Mancano acqua, cibo ed energia, gli ospedali del Paese sono al collasso, le vittime civili aumentano, oltre 700mila gli sfollati.
Gli scontri tra le Forze di Supporto Rapido, sotto la guida del generale Mohamed Dagalo, e l’esercito regolare sudanese, cui fa capo il generale Abdel Fattah al-Burhan, proseguono e a nulla hanno portato i colloqui che le due parti hanno avuto lo scorso 7 maggio in Arabia Saudita – colloqui promossi da Riyadh insieme a Washington con l’obiettivo di trovare una tregua. Washington che pure, nella crisi sudanese, è presumibilmente coinvolta anche in quanto artefice, pur sostenendo la “transizione democratica” del Paese africano. Transizione di cui, d’altra parte, si interessa in prima persona il sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland, che, forte dell’esperienza ucraina, si è recentemente recata in Sudan, dove poco dopo sono scoppiate le ostilità tra i due generali un tempo alleati. L’Occidente non vede di buon occhio la vicinanza di Dagalo a Mosca. La posizione strategica del Sudan nel Corno d’Africa e la ricchezza di risorse (specialmente oro e petrolio) fanno sì che siano parecchi gli attori internazionali ad interessarsi all’attuale crisi. Oltre agli USA e ai BRICS, vi sarebbe tra questi, anche la Turchia di Erdogan.
Il presidente turco, prossimo alle elezioni, non perde infatti occasione per cercare di ritagliarsi un ruolo di rilievo a livello internazionale, esprimendo “profonda preoccupazione per gli eventi in Sudan” e proponendosi come mediatore della crisi.
Dopo aver evacuato i cittadini turchi residenti in Sudan e aver messo in sicurezza il proprio personale diplomatico a Khartoum, Erdogan ha recentemente avuto colloqui telefonici separati con i due generali rivali, invitandoli al dialogo e a non mettere a rischio le conquiste del periodo di transizione. Il leader turco si è quindi detto pronto a fornire supporto di ogni tipo al “fraterno Stato sudanese” e ad ospitare possibili colloqui di pace ad Ankara.
Dopo essersi proposto per mediare tra Russia e Ucraina, Erdogan tenta ora di farsi spazio in Sudan.